I rivolgimenti economici e sociali del XV
secolo soprattutto la guerra dei cent'anni e
lo sviluppo dei traffici nel nord Europa diminuirono l'importanza della Francia
e diedero impulso allo sviluppo delle arti in generale e della musica in
particolare nelle regioni della Fiandra e della Borgogna. La scuola che si sviluppò, finanziata
nelle scuole delle cattedrali dalla borghesia benestante, prese il nome di scuola franco fiamminga e
innovò grandemente le preesistenti forme della messa,
del mottetto e della chanson. Ponendo le consonanze per terze (ancora
oggi familiari all'orecchio occidentale) e la forma imitativa del canone alla base delle loro procedure
compositive, i fiamminghi (tra cui ricordiamo il fondatore Guillaume Dufay e il grande Josquin Des Prez) rivoluzionarono la pratica della
polifonia ereditata dall'Ars nova e dall'Ars antiqua. Il lavoro di questi compositori
poneva le basi per lo sviluppo di quella che sarebbe stata la teoria dell'armonia.
Verso la fine del '400, la musica sacra
polifonica era divenuta molto complessa, come attestano i lavori di Johannes Ockeghem e Jacob Obrecht in una maniera che riflette con
analogie affascinanti la pittura dello stesso periodo.
Sempre all'inizio del '500 gli eccessi della
scuola fiamminga nel secolo precedente provocarono una reazione e una nuova
tendenza alla semplificazione, come si può vedere nell'opera di Josquin Des Prez e dei suoi contemporanei fiamminghi e,
più tardi, nell'opera di Giovanni
Pierluigi da Palestrina, che era, in parte, spinta dalle limitazioni
imposte alla musica sacra dal Concilio di Trento che
scoraggiava l'eccessiva complessità. Le complessità dei canoni quattrocenteschi
furono progressivamente abbandonate dai fiamminghi in favore dell'imitazione a
due e tre voci (fino ad arrivare a sei voci reali) e con l'inserimento di
sezioni in omofonia che sottolineavano i punti salienti
della composizione. Palestrina, dal canto suo, produsse composizioni in cui un contrappunto fluido alternava fittamente consonanze e dissonanze con
un suggestivo effetto di sospensione. La transizione ad un tactus di due
semibrevi per breve era a questo punto quasi definitiva e il tre su uno veniva
riservato ad effetti speciali volti a sottolineare momenti di tensione -
l'esatto opposto della tecnica prevalente cent'anni prima.
Alla fine del secolo, con il trattato
"De Institutioni Harmonicae" del compositore e teorico musicale
italiano Gioseffo Zarlino (1589)
si definiscono finalmente in modo completo ed esauriente le leggi dell'armonia (e quindi della polifonia). Nasce da qui l'articolazione dei due
modi principali della musica moderna: le tonalità maggiore
e minore.
Claudio
Monteverdi e la nascita dell'opera Lirica
In quasi tutte le culture, anche in tempi
molto antichi, la musica e il teatro s'incontrarono frequentemente e si fusero
per dar vita a forme diverse di spettacolo. Per assistere alla nascita del
teatro musicale moderno è necessario attendere la fine del XVI secolo. È infatti in quest'epoca che a Firenze un gruppo di letterati e musicisti,
la cosiddetta Camerata de' Bardi creata
dal conte Giovanni Bardi, crea
un nuovo stile vocale a mezza via tra il canto e la recitazione: il recitarcantando.
Da queste premesse si sviluppa il melodramma. Il primo importante esempio di questo
nuovo genere è l'Euridice di Jacopo Peri (1561-1633),
che viene rappresentato il 6 ottobre 1600 a Firenze, in occasione delle nozze di Maria de' Medici con Enrico IV di Francia.
Ma il primo vero protagonista
degli esordi dell'opera lirica, che dalla
musica del Rinascimento trae le
sue origini, è senz'altro Claudio Monteverdi (1567 - 1643):
nel suo L'Orfeo, che fu rappresentato per la prima volta
il 24 febbraio 1607 nel Palazzo Ducale di Mantova, si assiste al crescere dell'importanza
dell'orchestra e del canto rispetto alle parti recitate e quindi alla netta
distinzione fra recitativo e aria. Con l'introduzione dei concertati e
dei recitativi ariosi - dove le parti semplicemente recitate
sfumano nel canto - la strada per giungere all'opera nel senso moderno del
termine sarà, se non spianata, quanto meno tracciata con maggiore definizione.
Con Monteverdi il legame tra testo e musica diventa strettissimo, la musica
illustra il significato del testo attraverso i cosiddetti madrigalismi
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